lunedì, agosto 23, 2010

Nextcon: Ultimo atto



Difficile scrivere queste righe. Sono righe di addio e, come tali, ogni segno, ogni tratto fanno male al cuore ed all'anima.


Nextcon chiude, come avrete capito.


E' stata una scelta dolorosa e sofferta, ma necesaria.


Dolorosa e sofferta perchè nessuno decide, a cuor leggero, di abbandonare qualcosa che funziona ed alla quale hai dedicato entusiasmo, passione e tempo.


Necessaria perchè il periodo in cui questo blog ha vista la luce e trovato le sue radici è inevitabilmente finito.


Un periodo fantastico e talmente denso di soddisfazioni da sembrare irripetibile.


Credo che non sarà così, anche perchè siamo degli inguaribili ottimisti.


Ed è proprio questo ottimismoa spingerci oltre.


Di Nextcon conserveremo sempre un ricordo vivido e meraviglioso, ma è venuto il momento di lasciare questa casa con tutta la malinconia e la tristezza del caso.


Gli addii sono sempre duri e se durano più del dovuto rischiano di divenire anche patetici.


E così nello scrivere queste parole ultime parole devo solo dire grazie a coloro che ci hanno letto, seguito e commentato.


Ma il grazie piùgrande lo riservo a questo blog.


Grazie Nextcon

p.s.: per reincontraci, cliccate sopra la lettera....


domenica, agosto 01, 2010

I dolori del giovane Zigurrat


Mai avrei voluto scrivere un post come questo perchè mai avrei creduto possibile quello che, invece, non pensavo.
16 anni di militanza politica, di passione, di ideali, di sogni e di sconfitte e di vittorie sono sfumate così, in meno di due ore.
La separazione tra Berlusconi e Fini ha fatto naufragare quel sogno di una possibile coabitazione tra conservatori e liberali. Un sogno, per cui, anche nella baruffa post predellino ci aveva portati ad indossare i panni della colomba e del pontiere, cosa per cui non eravamo e non siamo affatto portati.
Quando nacque il PdL pensavamo di essere riusciti a trovare un luogo che potevamo chiamare casa. Quel luogo che nel nostro essere raminghi, poichè scomodamente capaci di un pensiero nostro, avremmo potuto cantare la nostra canzone ed armonizzarla con la voce degli altri.
Invece in meno di 2 ore i nostri sogni sono stati presi a sassate ancora in volo.
Ho provato e provo dispiacere, magari la forza di continuare verrà nelle prossime ore e nelle prossime giornate. Ma adesso il dispiacere è forte, molto forte.
Non mi va di appassionarmi al gioco di "chi sta con chi", anche se qualcuno, almeno nei miei confronti lo sta già facendo.
La ferita ed il dolore sono troppo recenti e troppo freschi.
Mai come questa volta, le ferie estive possono essere d'aiuto.
Non sappiamo e neanche riusciamo ad immaginare cosa succederà, quello che davvero contava, almeno per noi, è già successo.

domenica, luglio 18, 2010

Adesso dimissioniamoci tutti...


Non sono mai riuscito ad appassionarmi al balletto delle dimissioni, neanche in questi giorni che sono così di moda.

Sono, infatti, fermamente convinto che il "dare le dimissioni" sia un atto personale del tutto appartenente alla sfera personale ed etica.

Certamente, in politica, ha una certa valenza il detto secondo il quale "anche la moglie di Cesare dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto", ma è anche vero che alimentare la cultura del sospetto sia un aspetto deteriore della politica politicante.

E della politica politicante questo paese non ha alcun bisogno...

Gli Infinocchiati



Le urla (beluine) della senatrice Finocchiaro, durante il dibattito sulla approvazione della manovra governativa, sono purtroppo il segno della opposizione.

Una opposizione che, in nome di uno sterile antiberlusconismo, rinuncia sistematicamente ad una qualsiasi incisività, relegandosi in un solipsismo rituale masochisticamente consolatorio ed assolutorio.

Il rivendicare un dovere di essere ascoltati, così come ha fatto la senatrice Finocchiaro, è lo specchio sconfortante di questa situazione.

Anzitutto esiste un diritto ad esprimere la propria opinione, ma non quello di essere ascoltati e meno che mai quello che impone agli altri di accettare le nostre opinioni. Tutto ciò avviene nel processo comunicativo attraverso il dialogo.

E' questo ciò che questa opposizione non riesce a comprendere perchè vuole vincere e non convincere. Una opposizione che vede la maggioranza come un nemico e non come un interlocutore.

In questa situazione è difficile essere ascoltati, se non si vuole ascoltare.

E' abbastanza facile capire come una posizione del genere sia un suicidio politico quando invece servirebbe ben altra capacità e strategia politica.

Servirebbe una opposizione capace di una ventata d'aria fresca e di un colpo d'ala, com giustamente si invocano in questi tempi.

Purtroppo questa opposizione vola basso sopra una aria stantia e stanca.

Ed allora le grida della sentrice Finocchiaro sono grida di disperazione e non di forza, di sconforto e non di speranza,di aiuto e non di forza.

martedì, giugno 29, 2010

La Crisi secondo Einstein



Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle allo stesso modo.
La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perchè è proprio la crisi a portare il progresso.
La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni.
La vera crisi è la crisi dell'incompetenza.

Lo sbaglio delle persone è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti.
E' nella crisi che ognuno di noi affiora, perchè senza crisi qualsiasi vento è una carezza.

Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo.
Invece di questo, lavoriamo duro!
L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla...

Albert Einstein
Speriamo che qualcuno lo legga e ne capisca il significato e le implicazioni....

lunedì, giugno 28, 2010

Una Pera non fa la rivoluzione liberale, purtroppo


A noi Marcello Pera è sempre piaciuto sin dai tempi dei cattivissimi della Convenzione per la riforma liberale fino alla presidenza del Senato.

Sinceramente ci eravamo un po' domandati che fine avesse fatto, ma l'intervista di ieri su la Stampa (che qui è riportata per stralci da il Clandestinoweb) è davvero ben fatta.

Difficile non dargli torto.
...Infatti noi non lo facciamo.

Profondo Azzurro


Mestamente L'Italia, che ci aveva fatto gioire a Berlino, abbandona la competizione mondiale africana del 2010.

Mestamente l'Italia chiude in ultima posizione un girone di qualificazione che ci ha visti pareggiare contro il Paraguay e la Nuova Zelanda e perdere contro la Slovacchia.
Certamente ci sono stati erorri e bene ha fatto molto bene Marcello Lippi ad addossarseli, ma dobbiamo sottolineare come non ci sia stata una approfondita analisi degli stessi affinchè questi, o errori simili, non vengano più compiuti.
Lippi, cui comunque saremmo sempre grati per la vittoria del 2006, è stato davvero un mago della comunicazione. Ha dato ai media quello che volevano: la sua totale assunzione di responsabilità.
Ma una assunzione di responsabilità non basta. Bisognava che fosse motivata e ci fosse un collettivo mea culpa.
Certamente Lippi paga le sue scelte sbagliate dei convocati (Cannavaro e Camoranesi su tutti), dei non convocati (Cassano e Balotelli), i continui esperimenti, anche durante il mondiale, su modulo (4-2-3-1 o 4-3-3) e uomini (Marchisio docet).
Ovviamente ci sono delle attenuanti come gli infortuni di Pirlo e Buffon, ma non sono tali da poter giustificare 2 punti in un girone come quello che ci era capitato.
Anzitutto la vicenda di Messico 86 avrebbe dovuto insegnare che la riconoscenza non può avere spazio in questo calcio, ( basti pensare alla differenza di rendimento di Cannavaro, Camoranesi e Zambrotta tra il 2006 ed il 2010), che non si può non avere paura di fare scelte difficili, (basti pensare all'exploit di Quagliarella oppure al mancato impiego di Bonucci o Palombo) e che l'arroganza e la presupponenza non serve a niente, (purtroppo di Mourinho ne esiste solo uno).
Eppure mai, come questo mondiale, la nazionale italiana sia lo specchio di un sistema che soffre delle medesime pecche: Vecchiaia, poco talento, nulla voglia di intraprendere e scarsa capacità di motivare e motivarsi.
Il calcio è spesso una metafora della vita, per questo non possiamo rassegnarci ad un profondo azzurro.

martedì, giugno 15, 2010

I "finiani" sono solo una scusa


Mi sono convinto che i finiani siano solo la scusa che alcuni nel Pdl usano per nascondere lo stallo in cui si dibatte attualmente.

Uno stallo che potrebbe essere congiunturale, cioè essere una semplice crisi di crescia, e ci potrebbe anche stare vista la straordinaria parabola elettorale del centrodestra. Ma questo stallo potrebbe anche divenire strutturale se, come sembra oggi, il Pdl da l'impressione di navigare a vista.

Ebbene lo diciamo subito: il Pdl non può essere un partito del piccolo cabotaggio.

Esso nasce con ambizioni molto più grandi e molto più alte. Il mandato elettorale, in questo senso, è molto chiaro: iniettare quanta più libertà possibile nel sistema Italia.

Eppure oggi sembra navigare a vista, come se avesse paura di spiccare definitivamente il volo.

Basti pensare alla annosa vicenda dell'interim del ministero delle attività produttive e la stucchevole vicenda dell'appello ai Confindustriali per convincere la Marcegaglia.

Il bombardamento mediatico della legge sulle intercettazioni, subito battezzata legge bavaglio senza che nessuno sia stato capace di controbattere una simile definizione, che, grazie alla sciagurata mossa della richiesta di fiducia, ha permesso alle opposizioni intransigenti di conquistare le prime pagine e a vecchi apparati consociativi di riacquistare la voce.

La manovra "rigorsissima" di Tremonti che prevedeva una parziale cancellazione delle mini-province, (poi cancellata), una minima decurtazione dei compensi di chi lavora nella pubblica amministrazione, che per qualcuno vale e per altri no.

Una manovra che è il contrario della essenza del berlusconismo (e del tremontismo) liberale ed antisistema.

Non sfugge a nessuno che su queste (minime ???) questioni ci sarebbe da scrivere e da discutere alla grandissima.

Nel Pdl ci si rianima solo quando si tirano in ballo i "finiani", anche se gli stessi hanno sempre rispettato, alla fine, la disciplina del partito.

Cosa buona e giusta.

Diverso sarebbe un partito della disciplina...

lunedì, giugno 07, 2010

Fantastici...tre...


Con il numero 583 di settembre, i Fantastici Quattro, storica testata supereroistica della Marvel , inizierà una saga in sei parti denominata "Three" (tre ndr), ad opera del duo Hickman ed Epting.

Cosa succederà in questa saga?

Osservate attentamente la foto, i personaggi e soprattutto il numero sui costumi, vi sembra tutto normale ?

Per saperne di più clikkate qui

domenica, giugno 06, 2010

Arriva Leviathan


Non sappiamo se è New Weird, ma questo libro è davvero bello e lo consigliamo.
Fantascienza, Fantasy, Steampunk, Ucronia, romanticismo ed esoterismo.
Credo che possa bastare.

Cliccate sulla copertina per saperne di più...

nuova immagine e vecchio capitano


La foto qui accanto è l'anteprima del costume del film su Capitan America, grazie a Joblo.

Ammetto che mi piace davvero molto e che non vedo l'ora di poter vedere la pellicola in questione.

Capitan America, insieme all'Uomo Ragno e Superman, è sempre stato tra i miei supereroi preferiti e quello che, creativamente parlando, mi intriga di più.

Sarà la sua integrità, il suo patriottismo non acritico o il suo senso del dovere ad affascinarmi, e non dispero un giorno di poter scrivere un racconto su di lui.

Il costume ricorda il classico costume a stelle e strisce del capitano, ma la diversa sistemazione dei colori e spaziatura è davvero intrigante.

Una nuova immagine per il vecchio e caro Capitan America....


Senza VALE, non vale....


Tantissimi auguri di pronta guarigione a Valentino.
... il ritorno sarà ancora più bello e più vincente

che Schiavo (...di Roma)


Non possiamo non omaggiare la vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros. Però non faremo come certi attori che, sempre in terra francese, non hanno fatto in tempo a gioire che subito si sono messi a sputare contro l'Italia e la sua classe dirigente, senza pensare che anche gli attori famosi ne fanno parte organicamente.

Francesca Schiavone, con la sua tenacia, la sua caparbietà ed il suo sorriso, è il simbolo di questa Italia che soffre, lotta, cade, si rialza e vince.

Un simbolo unificante di questa Italia che di unità non ne vuole sapere e meno che mai di sacrificarsi oggi per vincere domani.

"Nulla è impossibile" recitavano le magliette dei tifosi, una lezione che la Schiavone ha imparato con l'esperienza e cercando di carpire i trucchi del mestiere dai "vincenti", come Valentino Rossi.

Quello stesso Valentino Rossi cui la Schiavone ha dedicato una parte della vittoria.

Un bel gesto per due campioni...

Separati dalla nascita ?






Che differenza c'è tra un Marchisio che sembrerebbe aver messo un "ladrona" dopo la parola Roma nel cantare l'inno nazionale ed un Germano che sputa sull'Italia mentre ritira un premio ???

domenica, maggio 30, 2010

Consigli (non richiesti) per diventare un giornalista radical chic


La figura del giornalista radical chic è una delle professioni emergenti che potrebbe, in un rapido futuro, occupare un buon numero di persone (magari tra quei due milioni di italiani che non lavorano e non studiano).

Ovviamente però bisogna avere delle determinate caratteristiche non trattabili, senza le quali non si può essere un giornalista radical chic.

Tali caratteristiche sono:

1. essere conservatori e di destra, ma pubblicamente disprezzare Berlusconi ed il Berlusconismo. A questo punto non perdete occasione per esternare il vostro disagio di essere obtorto collo schierato con l'opposizione di sinistra e dite sempre che sognate un destra migliore;

2. evitate il più possibile di mettervi al sole. E' consentita l'abbronzatura solo se altri vi pagano la vacanze e se avete un pubblico ministero come vicino di ombrellone.

3. Usate il meno possibile il gel ed il pettine. Meglio una capigliatura natural (chic);

4. scrivete i vostri fondi satirico politici (a senso unico) solo su blocchi Moleskine. Immaginate e fantasticate sempre di complotti universali tra Mafia, Massoneria, IOR, Berlusconi, Dell'Utri, Caste e Cricche varie;

5. avvaletevi di un rimario per "storpiare" il nome dei vostri nemici politici. Ad esempio Littorio Feltri è Ok, ma Michele Castoro è KO;

6. siate pronti a firmare qualunque appello contro la dittatura berlusconiana, il fascismo strisciante, la legalità distrutta. Meglio se subito dopo Eco, Camilleri e Scalfari.

Queste sono le caratteristiche minime per essere un radical chic.

Ovviamente se il candidato avesse anche un amico giornalista RAI ed entrature sul blog di Grillo, tali attitudini non possono che essere valutate positivamente e fare si che si ascenda in graduatoria.

Poi si dice che l'Italia non è un paese delle opportunità ....

Antonio Martino sbarca nella blogosfera


Uno dei nostri sogni liberali era quello di vedere il blog di Antonio Martino.

Siamo stati esauditi, il suo blog è arrivato, ed è molto molto interessante.

Anche se in ritado gli diamo il benvenuto.

in ritardo, come al solito


Più di un mese lontano da qui.

Come diavolo ho fatto a far passare tutto questo tempo...

lunedì, aprile 26, 2010

The Politicos, ovvero che mi hai portato a fare sopra Montecitorio se poi non vuoi fare l'americano ?


Confesso di non sentirmi per niente spaventato da Gianfranco Fini in versione americana come speaker della Camera, come non mi sento per nulla in apprensione da Silvio Berlusconi in stile Casa Bianca.

E' inutile negarlo, Silvio Berlusconi ha saputo innovare la politica italiana ben più di una condivisa ed ampia riforma costituzionale. L'avvento del Cavaliere, infatti, ha sradicato vetuste e paludate convenzioni e prassi costituzionali ed istituzionali come solo una vera e propria rivoluzione avrebbe potuto fare.

Una rivoluzione basata sull'applicazione del concetto di fare (e di decidere) abbinata ad una moderna concezione della libertà importata dal mondo imprenditoriale e del mercato.

Una rivoluzione "liberale" che guardava agli Stati Uniti d'America come terra di libertà e terra di opportunità.

E' indubbio, infatti, che una creatura berlusconiana come Forza Italia, risentisse nella sua organizzazione e nelle sue manifestazioni esterne di un certo gusto americano. Come non ricordare i vari "day" o le convention azzurre.

Silvio Berlusconi, infatti, ha saputo innovare la figura del presidente del Consiglio come nessuno prima di lui. Negare questo sarebbe illogico e soprattutto da irresponsabili.

Era solo una questione di tempo che anche le altre cariche istituzionali subissero un trattamento simile.

Tenendo da parte l'attuale presidenza del Senato, questo "restyling" americano del ruolo del presidente della Camera, proposto da Fini, era nell'ordine naturale delle cose.

Fin dalla elezione di Pierferdinando Casini e quella di Fausto Bertinotti, nell'ultima legislatura, si è indubitabilmente cambiato il DNA della presidenza della Camera stessa.

Era, infatti, logico che l'elezioni di leader politici accentuassero i poteri di intervento e di esternazione cui l'istituzione stessa ci aveva abituati.

Il tutto, poi, è avvenuto ed avviene alla Camera dei Deputati, di fatto la vera Camera politica di questo paese.

Non è un caso se tutti i leader politici ne siano membri e che tutte le proposte di riforma costituzionali volte al superamento del bipolarismo le lascino il potere di dare e togliere la fiducia al governo.

Come pretendere, infatti, che il presidente della Camera "politica", leader politico anche egli, non intervenga sugli argomenti di attualità, trincerandosi dietro un triste e plumbeo riserbo istituzionale del "primus inter pares".

L'ultimo che si trincerò dietro la scusa del rispetto pedissequo delle regole fu il presidente Scalfaro, e noi tutti sappiamo come è andata a finire.

Un maggiore interventismo ed un maggiore potere di esternazione da parte del presidente della Camera, poi, sarebbe un indubbio vantaggio per la trasparenza dello stesso Fini, il quale, accusato da parte di alcuni della maggioranza di tramare nell'ombra, sarebbe sottoposto al controllo pubblico e generalizzato degli utenti della comunicazione.

Questi sono i motivi per cui non ho paura di una evoluzione americana del ruolo del presidente del Consiglio e di quello della Camera.

Ci sarebbe la questione della codificazione di queste regole, ma questo, a mio parere, è un altro argomento.

mercoledì, aprile 14, 2010

i maestrini dalla (ex) penna rossa



Si arriva ad un certo punto che la misura è colma, e che, magari spinti dalla rabbia che monta improvvisamente, si compie qualche gesto dettato dalla contingenza del momento.
Da un po' di tempo, infatti, faccio sempre più fatica a reprimere un moto di stizza quando leggo i quotidiani attacchi verso l'universo culturale e politico che ruota intorno a Fare Futuro e GenerazioneItalia.
Il tutto volto alla denigrazione del referente politico di questa nebulosa, (da intendersi in termini simpatici ed affettuosi), cioè il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Ultimo, in ordine di tempo, è l'intervento del ministro Bondi sulle ultime esternazioni del presidente Fini nella famosissima direzione nazionale del 22 aprile scorso.

Per uno come me, cresciuto in quelle vecchie e polverose sezioni in cui si passava il tempo con i primi saggi di Veneziani, a discutere di Tolkien o a discettare sull'apollineo ed il dionisiaco del Nietzsche de "La Nascita della Tragedia" oppure, già un po' cresciutelli, in piccole biblioteche "alternative" a spulciarne gli scaffali in cerca di libri di Hayek o Popper, sentirsi fare la morale da parte del ministro Bondi è davvero troppo.

In quei periodi, passati in un quasi anonimato politico, era stimolante parlare di politica e di cultura, immaginando di poter cambiare il mondo.
Non sto qui a fare il panegirico di quanto fosse bello quel periodo, ma solo per aiutare a delineare alcune tappe della mia "militanza".

Una militanza fatta anche di scontri e non solo verbali con i "comunisti" più o meno schierati con il PCI. Quei comunisti tra le cui fila militava anche l'attuale ministro della cultura, che, non ha mancato di sottolinearlo e di ricordarlo anche se velatamente.

Eppure bisognerebbe ricordarglielo che non siamo stati noi a cambiare idea e partito, ma è stato lui a farlo, ma nessuno, sia ex AN che ex FI, lo ha fatto.

Dal punto di vista culturale, infatti, nel centrodestra italiano serpeggia una sorta di infatuazione verso "i compagni che si ravvedono", oltre al ministro Bondi, basti ricordare anche la vicenda di Ferdinando Adornato, oggi deputato UdC, ieri cantore, profeta ed ideologo del partito unico del centrodestra, che nel 1994 si candidò con i progressisti di Occhetto contro il polo della libertà e del buongoverno di Berlusconi.

Si vede che siamo condannati ad avere i maestrini dalla (ex) penna rossa...

lunedì, aprile 05, 2010

La GenerazioneItalia dalle idee chiare


Per rendersi conto che Generazione Italia non sia uno scherzo, come recita l'azzeccato e spiritoso slogan scelto per il giorno della sua nascita, è sufficiente vedere quante persone siano diventate fans alla pagina facebook dedicata, (attualmente oltre i 4.100).
Sono numeri importanti, come importante è la mission che GI si è data : "Generazione Italia vuole essere un aggregatore intergenerazionale rivolto a tutti coloro che hanno voglia di impegnarsi per l’Italia, con un’attenzione particolare ai giovani che non vogliono limitarsi a subire il futuro del loro Paese ma hanno il coraggio e la passione di immaginarlo, invitandoli ad essere protagonisti dell’Italia del 2020, l’Italia che verrà."
Davvero un importante impegno !!!
GenerazioneItalia sembra non voler essere la corrente dei "finiani", ma piuttosto una sorta di aggregatore di idee per ampliare gli spazi, un po' angusti, di discussione e di analisi politica.
Un aggregatore di uomini e donne, di passione e di cervelli che sia "a favore" e non "contro".


l’obiettivo principale di Generazione Italia è contribuire alla crescita
della classe dirigente che dovrà cambiare il nostro Paese nei prossimi dieci
anni, rendendolo istituzionalmente migliore, meritocratico e maggiormente
competitivo.

Altro importante, secondo noi, aspetto innovativo di GenerazioneItalia sta nella sua attenzione al web ed ai nuoovi media. come fattori di coesione intellettuale e comunitaria e di consenso elettorale.


Mai come oggi, infatti, solo condivisione è ricchezza. Solo nelle
infinite connessioni di network e social network il patrimonio di idee,
conoscenza e creatività di ognuno può moltiplicarsi esponenzialmente,
rendendoci risorsa sociale, economica e solidale per noi e il mondo. Che può e deve essere cambiato anche grazie alla libertà, la democrazia partecipata, la pace che la Rete sa
dare, se ben utilizzata
. Scrive Rachele Zinzocchi nel suo intervento di presentazione.


Meritocrazia, innovazione, empatia, condivisione e comunità.

Sono queste le nuove parole d'ordine di quella nuova destra che si sta formando in Italia e nel PdL e che solo l'invidia e la miopia di alcuni bollano come "farlocca e traditora".

Noi siamo convinti che il progetto GenerazioneItalia ampli gli spazi culturali e di consenso del centrodestra e quindi le sua possibilità di vittoria.

domenica, aprile 04, 2010

Quello che hanno detto le regionali...


Mai avremmo pensato di citare, in positivo, le parole di Di Pietro, ma queste elezioni regionali le ha vinte il centrodestra.

Ed il risultato non era così scontato !!!

La vittoria di Cota in Piemonte e della Polverini nel Lazio hanno cambiato sia molti scenari elettorali, sia molti equilibri all'interno della Conferenza Stato Regioni, sia nella percezione popolare ove il centrodestra ne esce notevolemente rafforzato.

Fino al coinvolgimento personale di Silvio Berlusconi, diciamolo sinceramente, il PdL non appariva in grado di poter portare a casa un tale risultato.

E' questo è il vero limite del PdL: il fatto che il suo leader è molto più forte del suo partito.

Eppure i risultati elettorali ci dicono che il sogno del PdL è ancora coinvolgente e capace di emozionare le folle, a patto, però, che si spogli presto della fase emergenziale e di prima attuazione delle nomine dall'alto.

Silvio Berlusconi è, sempre più, visto come il vero garante del patto elettorale con i suoi elettori ed è, infatti, stato l'unico a far pendere la bilancia dei voti dalla sua parte.

Il Cavaliere ha fatto quello che gli riesce meglio: ha accentrato su di sè la competizione elettorale, e la sinistra ha, puntualmente e pavlovianamente, abboccato come oramai fa da almeno 20 anni.

Solo così, infatti, si spiega il successo della Polverini nel Lazio, dove, nonostante l'assenza del simbolo del PdL nella provincia di Roma, la lista della neogovernatrice si attesta ad un lusignhiero 30%.

E ricordiamo che una tale trasfusione di voti è, a detta di tutti gli studiosi della politica, praticamente impossibile.

Adesso si apre una tregua elettorale di tre anni.

Noi crediamo non siano nè pochi, nè troppi.

Sono il giusto periodo per poter finalmente mettere mano a scottanti dossier: forma di governo e di Stato, riforma della giustizia, riforma fiscale.

Dal lato del centrodestra c'è anche l'esigenza di costituire sul territorio un partito moderno e capace di azione autonoma, basato sulla meritocrazia e sul consenso.

La volontà è stata appalesata, ma, sappiamo, che di buone intenzioni....

lunedì, marzo 15, 2010

Se io fossi...


Se io fossi un lettore de "il Fatto quotidiano" soffrirei di una sorta di priapismo perenne. Dormirei pochissimo per poter essere tra i primi a correre in edicola a soddisfare le mie voglie.

Oppure, quasi sicuramente, mi butterei addosso il postino e lo violenterei, mentre mi inebrio con l'editoriale di Pendaglio o il commento di Ingoglia.

Sarei compulsivamente fetido e fetente, anche sul posto di lavoro, mentre scriverei una mail anonima al capo mettendolo al corrente della telefonata della mia collega alla sua amica di un altro reparto.

Alle riunioni di condominio griderei all'impeachment dell'amministratore e urlerei, paonazzo e stravolto, contro il parcheggio ad machinas di quelli del primo piano.

E nel fare l'amore, mi chiederei se la posizione in cui lo stia facendo sia quella preferita da B. Ed in tal caso cambierei subito. Ma in questa nuova posizione, mi farei la stessa domanda e cambierei di nuovo.

Solo la domenica, con indosso la maglietta viola della Fiorentina, avrei un poco di relax.

A meno che non giochi contro il Milan....

martedì, marzo 09, 2010

anche noi sappiamo il latinorum...


"Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"

Credo che sia ora di usare questa celebre frase, detta da Renzo Tramaglino e scritta da Alessandro Manzoni nei promessi sposi.

E' venuto il momento di dire basta alla stupida ostentazione di facciata di un falso culturalismo d'accatto in cui tutto viene usato contro il PdL ed il suo presidente.

Da questo blog abbiamo già detto quello che pensavamo sul pasticcio elettorale, ma che adesso sfoderassero anche il loro latinorum, è francamente troppo.

Non è più possibile sorbirsi le prefiche urlanti del centrosinistra e le baccanti dei cavilli senza provare un moto di ribrezzo ed anche un conato di vomito.

Non è più possibile rimanere calmi di fronte ai sorrisini degli utili e delle utili "idiote" che ostentano una falsa e fasulla superiorità morale e culturale.

Vogliono la guerra ?

E diamogliela allora !!!

Quosque tandem abutere, democratici, patientia nostra ?

Tanto per rimanere in tema.

Hanno scelto il loro motto: etiamsi omnes, ego non. A sottolineare il fatto della loro presunta superiorità e diversità nei confronti del decreto interpretativo in materia elettorale del governo.

Giusto e legittimo, ma anche noi sappiamo il latinorum:

Invidia Gloria Comes (l'invidia è compagna della gloria)

Facciamo nostro questo motto di Cornelio Nepote.

Stampiamolo sulle magliette, pubblichiamolo sui blog, scriviamolo su Facebook ed invadiamo quello che il popolo viola crede il loro territorio.

Perchè che di latinorum ferisce...

domenica, marzo 07, 2010

Tra forza e debolezza


Il decreto interpretativo "salvaliste e listini è stato varato con la firma del presidente Napolitano.

E' indubbiamente il male minore per "recuperare" il pasticcio orrido della presentazione delle liste.

Non una bella pagina, questo dobbiamo ammetterlo. Ma dobbiamo anche ammettere che ha ragione il presidente Napolitano quando afferma di aver firmato il decreto interpretativo perchè non è possibile non poter dare la possibilità agli elettori di votare il maggior partito italiano di governo, bene costituzionale da tutelare.

Però il decreto non deve far passare in sordina l'orrido spettacolo che abbiamo dovuto sorbirci in occasione della mancata presentazione delle liste.

Il decreto, all'interno del PdL, non sana nessuna posizione e nessuna negligenza. I responsabili devono pagare fino in fondo e questo deve essere certo.

Mi sarebbe piaciuto che i responsabili del PdL, prima del varo del decreto interpretativo, avessero detto agli elettori: "Scusateci, abbiamo commesso un grandissimo errore nella presentazione delle liste. Siamo umani anche noi e gli uomini commettono errori e sono pronti a pagarne il prezzo. Ringraziamo il presidente Napolitano per aver riconosciuto la supremazia costituzionale della possibilità di votare una lista da parte degli elettori e ringraziamo il governo del presidente Berlusconi per aver approvato questo decreto.Sappiamo che gli errori che abbiamo commessi sono molto gravi e queste norme non cancellano le nostre mancanze.

Scusateci di nuovo.".

Sarebbe stata una bella pagina di educazione e di rispetto in confronto alle urla scomposte dei violacei.

Una pagina che non è stata scritta.

Il varo del decreto interpretativo, infatti, non è un segno di forza, ma di debolezza.

Una debolezza che non serve nascondere dietro le parole del presidente Napolitano.

Ma è proprio dei forti mostrare la propria debolezza.

lunedì, marzo 01, 2010

Con le pezze al sedere...


Il pasticciaccio brutto della esclusione, speriamo temporanea, delle liste del PdL in provincia di Roma merita, a caldo, un unico lapidario commento: siamo con le pezze al culo.

Se il grande partito aziendalista, capace di raccogliere consensi vicini al 40%, si fa mettere in saccoccia da una crisi "ipoglicemica" del suo delegato di fiducia, perdipiù storiaciano, allora vuol dire che, forse, c'è qualcosa di "marcio" nel PdL.

Anzitutto sarebbe stato il caso, per un partito capace di raccogliere consensi vicini al 40%, di non arrivare all'ultimo minuto utile per presentare una lista. Vezzo e vizio molto italiota, legato alle lotte intestine delle correnti di un partito.
Ma il grande partito capace di raccogliere consensi vicini al 40% si vanta di non avere correnti, per cui...

Sarebbe stato il caso, per un partito capace di raccogliere consensi vicini al 40%, di presentarsi almeno in due alla presentazione delle liste, perchè l'imprevisto è sempre dietro l'angolo ed in gruppo si affronta meglio.

Quello che è davvero imperdonabile è la sciatteria ed il dilettantismo che trasuda dalla faccenda.

Alcuni vogliono leggere nella vicenda un segnale di sganciamento verso i "finani", io non ne sono persuaso, nonostante abbia in grande considerazione l'intelligenza di Paolo della Sala.
Magari sarò rimasto alla prima repubblica, quando mai un gesto talmente inelegante e grossolano non sarebbe mai stato messo in atto.
Perchè è vero che la vendetta è un piatto che va servito freddo, ma ci vuole eleganza anche nell'ordire un complotto.

La sciatteria, il pressapochismo ed il dilettantismo e l'ignoranza è palese in tutta la vicenda e sarei davvero sorpreso se si scoprisse che c'è stata una regia occulta.

La scusa dei "finiani", nonostante il PdL sia stato costruito sulla famosa spartizione 70/30 delle liste elettorali, sta diventando il mantra per coprire qualunque magagna e qualunque disfunzione.

Invece qui bisogna prendere atto che c'è qualcosa di patologico che non va, se una lista può andare a puttane per colpa di un panino.

domenica, febbraio 07, 2010

Come si fa a non "amarlo"


Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni.

È vero non faccio nulla. Ma vedo passare le ore, che è molto meglio che tentare di riempirle.
Anche quando disertano l'inferno, gli uomini lo fanno solo per ricostruirlo altrove.

Come ogni altra cosa umana, anche la politica non si compie che sulla propria rovina.


Il fatto che la vita non ha un significato è una ragione per vivere, l'unica in grado di darle un senso.


Quando al risveglio si ha la luna per traverso è inevitabile che si approdi a qualche atroce scoperta, anche solamente osservandosi.


Tutto è nulla, anche la coscienza del nulla.
(Tutti questi aforismi sono di Emil Cioran)

di piazza e di governo


C'erano una volta i comunisti che si definivano membri di un partito di lotta e di governo.

Poi sono arrivati i democratici che, tra un gossip sessuale e l'altro, sono membri di un partito di botta e di governo.

Da oggi arriva anche l'Italia dei Valori che con Di Pietro si proclama partito di piazza e di governo.

Noi speriamo che non arrivino mai più al governo e che, il prima possibile vengano (s)p(i)azzati via.

Un disanima critica delle campagne elettorali per le regionali 2010 nel Piceno - 1 parte -


In questi giorni campeggiano un po' dappertutto, nel nostro Piceno, i manifesti elettorali di alcuni dei candidati alla carica di consigliere della regione Marche.

Mi sono chiesto, guardandoli con l'occhio critico del comunicatore, cosa potrebbe capire da queste campagne un alieno che, per caso, dovesse capitare nella nostra provincia.

Per chi non lo sapesse, la regione Marche è governata da una coalizione di centrosinistra (ex Unione) che esprime anche il governatore Spacca.

Eppure dal tono e dalle parole 9e dagli slogan usati dai candidati sembra che la situazione politica sia esattamente l'opposto.

Il primo a scendere in pista è stato il segretario provinciale del PD, Mauro Gionni, che si candida per "la RINASCITA del Piceno" in un manifesto rosso a caratteri bianchi senza foto del candidato.

Il messaggio sottinteso a tale slogan è di sostanziale sfiducia per le politiche di sviluppo della Regione Marche e, sapendo che è il centrosinistra ad aver il governo dell'ente non è che tale frase sia di valore aggiunto al candidato Gionni.

Perchè mai devo votare uno di centrosinistra per far rinascere il Piceno, se fino ad oggi il centrosinistra non ha fatto niente per lo stesso territorio ?

Questo è quello che un normale alieno si chiederebbe dopo aver letto il manifesto.

La campagna elettorale di Valeria Senesi, anche lei del PD, si basa su un generico invito a "cambiare volto" alla Regione votando una donna (ovviamente la stessa Senesi).

In tempi di Hillary Clinton, Michelle Obama e finanche Rosy Bindi bisogna ammettere, dal punto di vista dell'impatto mediatico, che è una idea vecchia e stantia.

Altro candidato del PD è Antonio Canzian che ripropone il proprio mantra del rinnovamento ma questa volta tutto interno al Partito Democratico.

Considerato che una persona stimabile come Canzian nell'ultimo decennio è stato praticamente candidato a tutto, sinceramente facciamo fatica a credere ad un rinnovamento ed anzi la frase sembra preludere ad una resa dei conti all'interno dello stesso partito, sbagliando, in tal senso, clamorosamente il target. Le elezioni regionali servono per eleggere un governo che rappresenti i cittadini, non per eleggere un segretario di partito.

Si gioca tutto sul concetto di esperienza, la strategia elettorale di Paolo Perazzoli. L'esperienza di cui si parla è quella che lo stesso Perazzoli si è fatta come sindaco di Sambenedetto del tronto.

Peccato che tale esperienza politica risalga ad una decina di anni fa, periodo che in politica rischia di essere come una era geologica.

In più la caratterizzazione troppo particolare e localizzata della propria esperienza rischia di alienare a Perazzoli le simpatie ed i voti degli altri elettori del Piceno, stando le rivalità ed i campanilismi locali.

Da ultimo, ma non per ultimo, arriva Pietro Colonnella.L'ex presidente della provincia ed ex sottosegretario di stato nell'ultimo governo Prodi, si candida con il motto: "Insieme. Per un Piceno più forte in Regione.".

Parole trite e ritrite che non hanno più nessun appeal per gli elettori.


- fine della prima parte -

mercoledì, dicembre 30, 2009

Fini e Kadima: indietro tutta



E la tentazione Kadima passa per la Sicilia.

Alessandro il grande


Dopo il grande Filippo Facci di ieri, segnaliamo oggi questa riflessione di Alessandro Campi su FareFuturo.

Comma profondo - parte 2


Interessante anche questo articolo. Prometto che interverrò in materia

martedì, dicembre 29, 2009

Le riforme liberali: dove vanno e se vanno


Ieri avevamo segnalato l'intervento di Marcello Pera in un nostro post.

Oggi le risposte qui e qui.

Very Polito


Il direttore del Riformista, Antonio Polito, spessissimo dimostra che esiste una sinistra democratica dignitosa e capace di onestà intellettuale e che non abbisogna dei veleni di Travaglio e Di Pietro.

Questo editoriale ne è l'ennesima prova

Comma profondo - parte 1


Interessante questo articolo di Marco Bertoncini. Spero di poter scrivere qualcosa in merito. Per adesso segnalo.

Filippo il grande


Grandissimo appunto di Filippo Facci oggi su Libero dedicato alla sterile campagna denigratoria contro il magazine della fondazione FareFuturo.

lunedì, dicembre 28, 2009

Riforme tra libertà ed oblio


Ha ragione Davide Giacalone a dire che le riforme sono una necessità. Una necessità per il paese reale, quello che si alza la mattina presto e va a lavorare. Quello che sta vivendo sulla sua pelle una crisi recessiva che ha portato la produzione industriale italiana ben 100 trimestri dietro.

A questo paese non serve la capziosità ed i distinguo da azzeccagarbugli.

A questo paese serve il decidere, il fare ed anche lo stabilire, finalmente, un legame chiaro di responsabilità tra il fare ed i suoi risultati.

Ma, personalmente, non posso essere d'accordo con una bozza Violante, frutto di un passato che, sebbene, recente è, politicamente, distante anni luce da questa Italia.

Fortunatamente non siamo soli a pensarla in questo modo, visto questo intervento del presidente Marcello Pera che rilancia, tra le altre cose, una di quelle parole d'ordine che caratterizzò l'avvento di Silvio Berlusconi nel '94: rivoluzione liberale.

Necessità di riforme e assoluta necessità di una rivoluzione liberale, per noi è sempre stato un binomio imprescindibile.

Pensavamo che l'inquietante episodio dell'aggressione al premier Berlusconi, ed il conseguente shock che molti politici avevano vissuto nel vedere i frutti dell'avvelenamento culturale di questi ultimi ventianni, avesse reso noto che era ora di cambiare passo.

Ma ancora oggi arrivano articoli come questi ed interviste come queste per farci capire che, purtroppo, la strada è tutta in salita e che alcuni settori della politica che, parassitariamente, da almeno 15 anni lucrano su posizioni antagoniste, giacobine e conservatrici non hanno ancora smesso di farlo ed anzi avanzano, a priori, già la linea di condotta che l'opposizione dovrà tenere.

Speriamo che qualcuni segua quello che l'onorevole Stracquadanio dice in questa intervista, ma che i sinistri parassiti leggano e capiscano questa intervista di Luca Ricolfi su questi ventanni.

A questo paese necessitano delle riform liberale.

Se questa volta non si faranno, sappiamo in anticipo chi mandare...a quel paese.

domenica, dicembre 20, 2009

Facebook ed i caproni


Sono nato nel 1970 e, fortunamtamente, ho vissuto, da bambino, il periodo del terrorismo in Italia. Pensate che quando rapirono Moro, pensai che avessero rapito un omonimo giocatore dell'Ascoli Calcio dell'epoca. Ricordo però le manifestazioni alla TV ed anche le immagini del ritrovamento del corpo dello statista.

Quando ho inziato a fare politica, da anticomunista, ci sono stati dei momenti di tensione ed anche qualche rissa, soprattutto durante le elezioni davanti agli spazi per attaccare i manifesti e durante le elezioni scolastiche. Eppure quelle tensioni non sono mai sfociate, per fortuna, in azioni estreme.

Ci rispettavamo tutti, anche se ci mandavamo a 'fanculo reciprocamente.

Ricordo ancora con piacere i pomeriggi e le nottate passate in sede a stampare i volantini al ciclostile che sarebbero stati distribuiti il giorno dopo all'entrata o all'uscita delle scuole.

Poi è arrivata la rete e sono arrivati i forum, i blog ed i social network.

Mettere su un blog le mie opinioni mi ha permesso di conoscere un sacco di persone e di partecipare a quel meraviglioso esperimento che è Tocqueville.it.

Confesso che non saprei cosa fare se non avessi i miei account Facebook o Twitter ed anche (un vecchio) MySpace.

Per questo, forse, non ci sono piaciute le parole del Presidente del Senato Schifani contro la pericolosità dei social network, definiti addirittura peggiori del periodo del terrorismo.

Capiamo, sicuramente, il momento che è particolare, poichè tale esternazione si colloca immediatamente dopo l'aggressione subita dal Presidente del Consiglio a Milano, ma queste parole, purtroppo, rivelano una scarsa conoscenza delle dinamiche della comunicazione e del funzionamento di facebook e affini.
Non crediamo che siano utili delle norme speciali ed emergenziali contro Facebook e dintorni. Primo perchè tali norme, pur animate dalle migliori intenzioni, producono degli effetti perniciosi e spesso non voluti.
Secondo, basti pensare che, nelle dittature più sanguinarie del mondo, per esempio l'Iran, è stato proprio l'uso di Twitter e Facebook che ci hanno fatto conoscere l'onda verde e ci hanno sconvolto con la morte di Neda.
E non è un caso che proprio in questi paesi sia forte la censura ed il pattugliamento cibernetico di Internet.
Facebook ed affini non sono strumenti del male, sono strumenti che possono venire usati per scopi nobili o per scopi abietti. Tutto dipende dalla intenzione che ci si mette.
Eppure anche senza norme salvifiche, la rete, composta da persone non dimentichiamole, sono in grado di produrre autonomamente i propri anticorpi.
Certamente facebook non è tutto rosa e fiori, ma se cominciassimo a "censurarlo" ci sarebbe il rischio di far diventare il "censurato" un eroe della libertà.
Oggi le pagine dedicate a Tartaglia stanno perdendo iscritti, subito dopo la notizia che la polizia postale stava indagando in merito.
Questa è la prova che la maggior parte di questi "terroristi" in realtà sono dei caproni radical chic che segono i trend del momento senza esercitare lo spirito critico.
E contro costoro non serve l'eccezionalità, ma solo l'ordinario buonsenso.

lunedì, dicembre 14, 2009

Il riflusso dell'odio


Adesso non cerchiamo di derubricare quello che è avvenuto ieri a Piazza del Duomo alla singola azione di un mitomane, deconstentualizzandola dall'ambiente che, in questi 15 anni, si è venuto a creare.

L'aggressione a Silvio Berlusconi, da parte di una persona con problemi psichici, ieri sera a Milano cade in un periodo caratterizzato dalla recrudescenza violenta dell'antiberlusconismo militante, dalle ossessive 10 domande di Repubblica alla celebrazione dei "violini" del No B day, passando per la "santificazione" del "verbo" di Spatuzza e le recite a soggetto di Anno Zero.

Non è un atto isolato e non è il frutto di una mente malata, basta vedere la pagina di Facebook dedicata a Massimo Tartaglia che, in questo momento, conta almeno 43.936 fan.

L'uso della violenza, in politica come nella vita normale, è sempre un atto criminale e da deprecare senza infingimenti.

La violenza, verbale e fisica, non porta alla costruzione di niente, ma solo alla distruzione di tutto.

Questo lo dovrebbero capire tutti, ma purtroppo non è così.

Antonio Di Pietro è uno di questi e le sue dichiarazioni a caldo sull'attentato a Silvio Berlusconi sono becere e schifose del tutto prive di un minimo di riflessione filosofica ed etica.

Neanche ci sconvolgono le parole di Rosy Bindi, le stesse cose le disse anche in occasione del lancio del treppiede contro Berlusconi avvenuta a piazza Navona nel 2005.

Le parole di Di Pietro e la Bindi sono le spie del vero stato d'animo e delle vere emozioni del blocco sociale vincente nella opposizione dei sinistrati.

Non quelle di maniera e formalistiche che "doverosamente" qualcuno ha pronunciato.

Sarebbe bello che il segretario Bersani dicesse oggi o al massimo domani che Di Pietro ed il suo partito non sono più compatibili con il centrosinistra e che togliesse l'incarico di partito alla Rosy Bindi.

Sarebbe bello e sarebbe un bel segnale di vero cambiamento della politica.

Purtroppo non succederà.

Magari ci propinerà la tesi dei compagni che sbagliano, dimostrando ancora una volta che la sinistra oggi non è capace di analizzare la storia e di fare una presa di coscienza.

Mai come oggi i gesti devono seguire alle parole.

Altrimenti, dopo i calzini viola, avremmo le riproduzioni del duomo di Milano che sfilano in piazza.

Praticamente l'evoluzione dei manganelli e delle P38.

sabato, dicembre 05, 2009

venerdì, dicembre 04, 2009

un articolo che ci piacerebbe leggere


MAIUSCOLE e minuscole


Ieri sera in una mail che un mio amico, della parte a noi avversa, mi ha spedito, tra le tante battutacce contro Berlusconi, ve ne era una che diceva che il Pd era il Pdl senza la "elle".La battuta la ritengo davvero infelice e per niente vera.

Anzitutto perchè reputo che ci sia una differenza tra il Popolo della libertà ed il Partito democratico e poi perchè, solitamente, scrivo PdL con la elle maiuscola.

E per me quella elle maiuscola fa, davvero, una enorme differenza.

mercoledì, dicembre 02, 2009

La danza degli impiccati


Alla nera forca, amabile moncone,
danzano, danzano i paladini,
i magri paladini del demonio,
gli scheletri dei Saladini!
Messer Belzebù tira per la cravatta
i suoi piccoli neri fantocci che fan smorfie al cielo,
e picchiandoli in fronte con la ciabatta
li fa danzare sulle note d'un vecchio Natale!
E i fantocci scioccati intrecciano i loro gracili braccini,
come neri organi i petti squarciati
che un tempo stringevano dolci donzelle
cozzano a lungo in un amore immondo.
Urrà per i gai danzatori che non hanno più pancia!
Possono fare giravolte, perché il palco è così grande!
Op! Che non si sappia se è danza o battaglia!
Belzebù irato coi suoi violini raglia!
O duri talloni, non usate mai sandali!
Quasi tutti han tolto la camicia di pelle!
Il resto non impaccia si guarda senza schifo.
Sui crani la neve posa un candido cappello:
la cornacchia è un pennacchio sulle incrinate teste,
un brano di carne trema sul mento scarno:
si direbbe vorticante nelle oscure resse
di prodi, rigide armature di cartone.
Urrà! La tramontana soffia al gran ballo degli scheletri!
La forca nera mugola come un organo di ferro!
E i lupi rispondono da foreste violette:
all'orizzonte il cielo è d'un rosso inferno...
Olà, scuotete quei funebri capitani
che sgranano sornioni tra le dita spezzate
un rosario d'amore sulle vertebre pallide:
questo non è un monastero, o trapassati!
Oh! Ecco, nel mezzo della danza macabra
nel cielo rosso un folle scheletro avanza
di slancio, e come un cavallo impenna:
e, poiché al collo la corda è stretta,
raggrinza le dita sul femore che scricchiola
con grida simili a ghigni
e come un acrobata che rientra nella sua baracca
rimbalza nel ballo al canto delle ossa.
Alla nera forca, amabile moncone,
danzano, danzano i paladini,
i magri paladini del demonio,
gli scheletri dei Saladini!

Arthur Rimbaud

martedì, dicembre 01, 2009

Contro la strategia della porta di uscita


Segnaliamo un interessante intervento del professor Guzzetta sul web magazine della fondazione fare futuro in cui l'ex animatore dell'ultimo referendum elettorale lancia un appello alla grande politica, "quella capace di trasformare una situazione drammatica in un’inattesa opportunità."
Per Guzzetta, infatti:
" Manca una exit strategy, allora. O meglio, manca una strategia politica che si faccia carico dell’interesse generale dell’Italia, l’interesse al “dopo”, a ritrovare un equilibrio oltre il terremoto in atto.".

Una politica che faccia politica, dunque.

Non è questo il luogo per vantarci, ma questo è sempre stato il nostro obiettivo.

Un obiettivo perseguito, anche a costo di polemiche, scontri e battute.

Ma, per arrivare ad una politica che faccia politica, secondo noi, non si deve partire dal considerare gli anni di Silvio Berlusconi, come una anomalia della storia.

E' necessario, a nostro parere, prendere serenamente atto che il berlusconismo, (parola che sinceramente non ci piace, al contrario dell'uomo.), ha, come tutte le cose terrene, la sua grande dose di bene e la sua dose di male.

Silvio Berlusconi, infatti, non è una anomalia del sistema Italia, è stata la risposta fisiologica, e per certi versi, la continuazione evolutiva dello stesso e non è respingedolo in toto che si "guarisce" il paese.

Il rifiuto di Berlusconi, infatti, incancrenisce le ferite aperte e rende ancora più potenti i gangli della conservazione e dell'immobilismo.

Non serve gridare nella piazze ed in TV, ma piuttosto ragionare nelle sezioni, nei circoli e nei convegni.

Neanche, secondo noi, è produttivo il semplice aspettare la sua caduta e poi sperare di far dimenticare questo periodo, come un accidente della storia.

Il risultato elettorale della sinistra esterma, ed il suo confermarsi nelle amministrative e nei sondaggi, conferma proprio questa tesi: l'elettorato italiano si sta orientando verso due grandi schieramenti alternativi.

La grande politica deve fare proprio questo. Passare dalla politica dello scontro, alla politica del confronto, altrimenti vincerà la politica della sconforto.

Qualche sconfortato ha già incominciato a scrivere , ma noi, dovendo scegliere, preferiamo la exit strategy della grande politica alla strategia della porta di uscita.

Qualcuno non sarà d'accordo con noi.

Pazienza, non ci sconforteranno....

domenica, novembre 22, 2009

Cuori piccoli e grandi illusioni


Alessandro Baricco non lascia indifferenti. E questo nuovo libro non fa eccezione, fin dal titolo: Emmaus.


Emmaus ricorda il famoso episodio, raccontato nel vangelo di Luca, in cui due discepoli subito dopo la crocefissione del Cristo, in viaggio verso l'omonima cittadina di Emmaus vengono affiancate da Gesù travestito da viandante. I due discepoli non lo riconoscono ed iniziano a discutere con lui dei fatti della sua stessa passione, giunti ad Emmaus il viandante fa per prendere la strada ed i due discepoli lo invitano a trascorrere la notte con loro, visto l'approssimarsi della notte. Gesù accetta l'invito e, mentre sono seduti a tavola, spezza il pane. Nel fare questo gesto, i due discepoli lo riconoscono, ma Gesù sparisce.


Ma il titolo Emmaus serve, oltre a darci un indizio sull'andamento della vicenda, anche come costruzione del background dei protagonisti.

Quattro ragazzi sono, infatti, i protagonisti di questo romanzo: Il Santo, Kennedy, Luca e la voce narrante senza nome.

Senza nome è anche la città dove si svolge la vicenda, anche se è facilmente riconoscibile come una grande città del nord industriale nel post boom economico o nei primi anni 80.

I nostri quattro protagonisti hanno quella età che sembra eterna che si situa tra i 16 ed i 17 anni, frequentano la chiesa, dove suonano le canzoni per la messa, fanno volontariato in ospedale.

Vivono quella età in cui tutto è possibile, in cui si è padroni di tutto ed in cui tutto brucia con una passione e una velocità impressionante.

Costante della loro vita è la loro fede. Quella fede innocente, semplice e labile non ancora intaccata dal mondo e dal peccato.

Ed il mondo, nel microcosmo di Emmaus, ha un nome ben preciso: Andre.

Andre è il sogno erotico dei quattro. Una bellezza androgina, da notare il nome senza la "a", disincantata e disinibita che se ne frega della morale, praticando la fellatio davanti ai bar, e del buoncostume imposto dalla religiosità.

Andre sembra navigare leggera sulla vita, eppure, leggendo il romanzo, si scopre che ha alle spalle un tentativo di suicidio, che la sua sorella è morta il momento esatto in cui è nata e che è figlia di un prete.

All'inizio, con l'incoscienza e la potenza dei 17 anni, il Santo e l'io narrante cercheranno di "salvare" Andre arrivando a parlare con la mamma. Ma il tentativo di salvataggio, con un ironia letteraria muta, diventa la perdizione dei quattro.

Il primo a perdersi sarà Kenndy nella droga. Poi toccherà a Luca, ossessionato dal non sapere se il figlio di Andre sia il suo e dalla paura di chiedere, che si suiciderà. Infine il Santo accusato di aver ucciso un trans e deciso a scontare la pena ed i suoi peccati in carcere.

Il protagonista senza nome, che insieme a Luca, condivide una notte di sesso con Andre e Luca, si ritrova così a fare quello che abitualmente faceva.

Ma quella fede che li animava, ha ceduto sotto il peso della vita e così finisce la band che suonava in chiesa, oramai rimpiazzata da altri.

Il finale è un finale amaro e dolce, romantico e drammatico, di fede e di non fede. E' il finale di chi ha amato Dio di un amore infinito e cieco, poi ci ha fatto a botte e dopo cerca di fare pace su una base di una fede e di un rapporto completamente nuovo.

Il tipico rapporto da peccatore anzichè da innocente.

Superfluo elogiare la prosa di Baricco, una prosa ricca e fluente, meno poetica di Oceano Mare, forse più vicina a Castelli di Rabbia, ma altrettanto evocativa e capace di tratteggiare e dare spessore a città e personaggi senza nome.

Unica nota, a mio parere, stonata è lo stereotipo del prete pedofilo e sessuomani, ma per fortuna
non essenziali alla fabula.

Sicuramente un libro da comperare e leggere.

La eterodeleggittimazione culturale del vicino


Il paesaggio culturale del centrodestra, e del PdL in particolare, sta vivendo in questo periodo un vivace periodo di effervescenza culturale.

Non facciamo l'elenco, perchè ci dimenticheremo di qualcuno e, quindi, gli faremmo torto.

Non possiamo, certamente, lamentarci di questo, da tempo andiamo sostenendo che la legittimazione culturale è il sostrato, o il metapresupposto, del consenso elettorale.

Ci rammarichiamo del fatto, però, che alcuni di queste voci culturali, sappiamo bene che la diversità è sinonimo di ricchezza ed il pluralismo è la migliore garanzia contro l'entropia, sorgano per essere contro altre voci.

Non si tratta di marciare divisi per colpire uniti, ma di scoprirsi divisi e colpirsi uniti in un unico ring.

Questa debolezza degli attori culturali del centrodestra non aiuta quella grande impresa che, invece, serve alla cultura italiana, cioè l'abbattimento del muro di conformismo radical chic che, da decenni, ha immobilizzato ed immobilizza il panorama culturale italiano, relegandolo al margine e a fenomeno da salotto "per bene".

Questa "eterodeleggittimazione" culturale del vicino, in ambito del PdL, ha portato lo scippo di icone, proprie di una destra conservatrice e moderna, come Montanelli, Falcone e Borsellino.

Ma questa eterodeleggittimazione non solo ha tollerato e tollera lo scippo, ma non fa nulla per riprenderli e riprendersi una parte importante di una possibile identità.

Una identità che, certamente, non si esaurisce nell'opera, nelle idee e nell'esempio di queste figure, ma che senza è, sicuramente, monca e senza possibilità di completezza.

Una completezza che, forse, è il migliore antidoto alla eterodeleggittimazione.

Noi siamo in attesa, speriamo non come la sentinella de il deserto dei Tartari.