Walter Veltroni si è dimesso da segretario del PD.
Fuori dalle facili battute ed ironie che, anche noi, abbiamo fatto, questa notizia ci impone qualche appunto serio e semi,ovviamente nel nostro stile.
Avevamo creduto alla possibilità di una nuova stagione (CaW) ed il discorso di Veltroni al lingotto l'avevamo letto ed apprezzato, anche se non era uno dei migliori.
Purtroppo abbiamo visto, ed in alcuni casi ci siamo fatti trascinare, più nello scontro che nell'agone della politica. Non lo rinneghiamo, ma neanche ce ne facciamo tanto vanto.
Con le dimissioni di W., dopo l'uscita di scena di George W., finisce una stagione. Se mai ve n'è stata una.
Una stagione illusoria, americanamente cinecittadiana ed amatriciamente hollywoodiana, in cui si è passati dal "yes, we can" al "non possumus".
Ma ecco, in nuce, le nostre riflessioni (ovviamente di parte):
1. il peccato capitale è stata la filosofia del "...ma...anche...". Il PD doveva creare una originale identità, non una sintesi delle sue anime costituenti. Se si vuole costruire una città, soprattutto se in un territorio occupato come la politica italiana, bisogna prima combattere e conquistare il terreno. Poi su quel terreno si sarebbe dovuto pianificare lo sviluppo, non pensare di avere tutto il monopoli e poi ritrovarsi solo con il vicolo corto e pretendere di far abitare tutti in un loft;
2. collegato al punto precedente c'è anche la mancata capitalizzazione del suo ruolo di outsider e "capro espiatorio". Non è un segreto che la vittoria di W. alle primarie è stata pianificata da un gruppo dirigente allo sbando che doveva trovare la pistola fumante per uccidere Romano Prodi e la sua fallimentare politica di governo per il centrosinistra. Ebbene W. non ha saputo far tesoro di questo ruolo e non ha usato la sua forza debole per spazzare le incostrazioni spartitorie e ricattatorie all'interno del nuovo PD;
2. l'asimmetricità della scelta degli alleati. Oramai è indubbio che l'abbraccio con un personaggio come l'onorevole di Di Pietro è stato mortifero per W. ed il suo PD. Di Pietro non è capace di osmosi, ma solo di parassitismo. Certo bisognava compensare l'alleanza PdL-Lega, ma l'alleanza con Di Petro e l'ospitalità ai Radicali, su cui W. ha messo il veto ad alcuni esponenti, non si è rivelata una mossa elettoralmente brillante. W. , se davvero voleva cercare un partner elettorale dotato di un certo appeal, avrebbe dovuto fare di tutto per far rimanere in piedi un soggetto come la Rosa nel pugno, avrebbe fermato l'emorragia a sinistra ed avrebbe tenuto in piedi un soggetto capace di attrarre quell'elettorato borderline tra i due poli;
3. Le indecisioni a livello parlamentare. La stagione della riforme, (Se po' fa'), non è mai decollata, poichè W.non ha saputo scindere l'azione parlamentare dai contraccolpi delle sconfitte elettorali che il PD subiva. Riforme regolamentari, riforma delle leggi elettorali e riforme istituzionali, se fate in maniera bipartisan, avrebbero garantito e avrebbero contribuito ad evolvere il livello (scarso) della politica italiana. Nessuno pretendeva che W. votasse favorevolmente alla manovra economica del governo Berlusconi. Ma alzare la voce solo per coprire quella di altri, senza una valida alternativa, non serviva e non è servito a niente
4. Le indecisioni a livello locale. Dopo aver sbandierato la speriorità morale de noartri, W. avrebbe dovuto staccare la spina alle giunte Iervolino e Bassolino. Invece è rimasto con il cerino in mano, mentre Di Pietro maramaldeggiava;
5. Mancato rinnovamento della classe dirigente. Se voleva accreditarsi come l'Obama italiano, W. ha fallito nettamente su questo versante. Eppure l'idea delle primarie, anche se rozzamente messe in campo nelle citttà italiane, e del governo ombra avrebbero potuto permettere di preparare il campo per una semina di nuovi virgulti. Invece la classe dirigente del PD è stata la somma delle caste dei DS e Margherita sic et simpliciter. Da qui le idee dei vecchi Zavoli alla vigilanza e Scalfaro a capo dei giacobini costituzionali;
Certamente sono appunti grossolani, faziosi, e magari anche incompleti, ma sono queste le zavorre di cui W. non ha voluto o potuto liberarsi.
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