martedì, marzo 06, 2007

Il confine tra maggioranza variabile e maggioranza avariata


Certamente non serviva l'autorevolezza del ministro Amato, coautore di un famosissimo manuale di Diritto costituzionale, per dirci che è possibile, su alcuni provvedimenti all'esame del Parlamento, la formazione di maggioranze diverse dalla maggioranza governativa.

Bastava leggere il 4 comma dell'articolo 94 della Costituzione della Repubblica Italiana che dice:


"Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo
non importa obbligo di dimissioni
.".

In questo comma risiede la legittimità ed il fondamento delle cd. maggioranze variabili.

In una democrazia matura può accadere, infatti, una convergenza di voti su provvedimenti all'esame delle Camere legislative.

Ma la maggioranza variabile è una eccezione e non può divenire una regola.

Al momento della instaurazione della fiducia, i gruppi politici, propaggini delle rispettive forze politiche, si impegnano a realizzare un determinato programma di governo che,necessariamente, dovrà essere attuato tramite atti legislativi.

Gli atti che sono intimamente connessi al programma di governo devono avere necessariamente il voto della maggioranza politica che ha votato la fiducia e non maggioranze variabili.

In soldoni possiamo dire che su tali "atti necessari", i voti delle opposizioni possono essere aggiuntivi, mai sostitutivi.

Se, infatti, un "atto necessario" non fosse sostenuto da una parte determinante della maggioranza governativa e fosse approvato con i voti delle opposizioni, è indubbio che non ci sarebbe una maggioranza variabile, ma una maggioranza nuova.

Le maggioranze variabili sono legittimamente e costituzionalmente garantite per quegli atti che non rientrano nelle priorità del Governo.

L'attuale discussione sulla variabilità della maggioranza verte sulla prossima discussione per l'approvazione del decreto legge che rifinanzia la missione in Afghanistan.

Ebbene, a mio modesto parere, tale decreto rientra in quegli atti necessari connessi alla attività di Governo, cui l'onere dell'approvazione spette, in primo luogo, all'intera maggioranza governativa.

Anzitutto l'atto in questione è un decreto legge, cioè un atto che il Governo adotta, in via urgente ed eccezionale, in base all'art. 77 della Costituzione:


"Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità
e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti
provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la
conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si
riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio,
se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti."

Un atto che il governo adotta arrogandosi il potere legislativo, tipico delle Camere.

Ed un tale potere, (cd. interferenza funzionale), lo può adottare solo un Governo che è legittimamente in carica con una sua propria maggioranza, su cui può contare.

La conversione di un decreto, di un qualsiasi decreto, è compito peculiare della maggioranza

e di nessun altro.

I voti delle opposizioni possono essere aggiuntivi e non sostitutivi.

Se, infatti, il decreto fosse convertito con i voti determinanti delle opposizioni non si avrebbe una maggioranza variabile, ma una maggioranza avariata.

Con tutto quello che ne consegue...

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