lunedì, gennaio 08, 2007

lo j'accuse di Nicola Rossi


Nicola Rossi, deputato (ex) DS ed esponente di punta della sinistra riformista, non le manda certo a dire dalla colonne del Corriere della Sera con un intervento davvero condivisibile.

L'onorevole Rossi, che è stato il consigliere economico del presidente del Consiglio Massimo D'Alema, quando lo stesso vagheggiava l'Ulivo mondiale insieme a Blair e Clinton, centra perfettamente i punti molto molto deboli della attuale politica italiana.

il punto non è tanto - a mio modestissimo parere - quello del rumore della
politica (che, sia chiaro, c'è ed è spesso molto sgradevole) ma quello,
assai più serio, della qualità della politica che quel rumore sottende. Una
qualità che porta oggi gli italiani non già all'irritazione e all'invettiva
ma all'indifferenza.


Chi scrive pensa non solo, come si dice con una punta di retorica, che i partiti
sono uno strumento essenziale della democrazia, ma che la politica si fa, in
primis, dentro e con i partiti. Comprendendone il ruolo, interpretandone i
rituali, rispettandone le forme, ricordandone la storia, percorrendone tutte le
articolazioni. Tutte attività non sempre gratificanti e a volte anche un pochino
noiose ma senza le quali non si comprende, al tempo stesso, la durezza e la
ricchezza della politica.


Allentatosi il vincolo della ideologia, la politica è oggi più di tante
altre cose, credibilità. Credibilità della classe politica nel suo insieme e
credibilità dei singoli che fanno politica. E una politica credibile è quella
che crede in quello che dice ed in quello che fa, o che cerca di fare.


E, gentilmente, non si tiri fuori l'argomento francamente un po' deboluccio
relativo alle difficoltà entro le quali quotidianamente si muove la politica.
Alla fatica - che c'è, lo sappiamo - della costruzione politica. Alla incertezza
degli esiti: sappiamo anche questo, si può vincere e si può perdere. Il punto è
un altro: da una classe politica si chiede - avrei voluto scrivere, si pretende
- che spenda il proprio tempo a pensare come evitare o superare quelle
difficoltà. La politica - mi si perdoni la franchezza - non è pagata per
raccontare ai cittadini gli ostacoli che incontra giorno dopo giorno ma per
superarli. Se ne è capace. E se non ne è, per lasciare ad altri la possibilità
di provarci.


Le difficoltà in cui si dibatte, giorno dopo giorno, l'odierna azione di
governo sono il frutto malato di cinque anni di opposizione in cui - anche
grazie a qualche editoriale domenicale non sempre illuminato - non un solo
giorno è stato speso per costruire la cultura e le condizioni che sarebbero
servite a governare e non è lecito, oggi, usare quelle difficoltà come
un'attenuante. (E l'argomento vale, mutatis mutandis, per il governo della
passata legislatura.)


Per quel pochissimo che capisco di politica mi sembra di poter
sommessamente dire che non si costruisce un partito con un solo punto
nell'agenda: consolidare gli equilibri esistenti.


Una politica credibile è una politica che rispetta le regole. Che non si
limita, giustamente, a chiedere giornalmente ai cittadini di rispettare le
regole ma che rispetta essa per prima le regole che alla politica si applicano.
E ce n'è una, in molti paesi e soprattutto in quelli che il maggioritario ce lo
hanno da tempo, che non è nemmeno scritta: chi perde abbandona il campo.
Definitivamente (salvo straordinarie eccezioni). Sia che perda elettoralmente,
sia che perda politicamente (chiedere, per ulteriori dettagli, a Margaret
Thatcher). E non è una astruseria. Ma una semplice - rozza, lo ammetto - norma
di garanzia. Intesa ad evitare che chi c'è usi del proprio indubbio potere per
rimanere.


La politica italiana - credo di averlo detto e scritto in tempi non
sospetti - è oggi guidata (al di là dei meriti o dei demeriti dei singoli) da
due leadership entrambe sconfitte. E quindi automaticamente, inevitabilmente, al
di là della loro volontà e delle loro capacità, non più credibili.

Della politica non possiamo fare a meno. Quindi, quel che fa la differenza
è la qualità della politica. Si può fare politica per una vita intera senza mai
farla veramente e farla per un giorno solo mettendoci la passione di una intera
vita.

Un intervento lucido ed appassionato da far leggere a chiunque voglia fare politica, soprattutto giovane.


Crediamo non ci sia niente altro da aggiungere se non segnalare questo commento di Davide Giacalone in merito.



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