domenica, febbraio 03, 2008

Un canto ebreo

Questo post riporta un breve racconto che ho scritto per una commemorazione della giornata della memoria in una scuola della mia città.

Auschwitz 7 novembre 1944

Oggi morirò.
A pochissimi è dato sapere la data della propria morte, io sono una di quelle.
Oggi morirò.
Il mio nome è Hanna Senesh, sono una ebrea ungherese e soldatessa dell’esercito inglese, ed oggi, 7 novembre 1944, raggiungerò il Signore in Paradiso.
Ne sono sicura, perché l’inferno non può essere peggiore di questo posto.
Perché questo posto non può essere che l’Inferno sceso sulla terra.
Sono Hanna Senesh, mio padre si chiama Bèla e Katrina è il nome di mia madre. Lei è qui con me, non solo hanno torturato me ma anche lei.
Volevano sapere il dettagli della mia missione, ma io non ho parlato perché nessun altro deve subire quello che ho subito io.
Oggi morirò ed il mio pianto è un pianto di gioia, perché oggi conoscerò il Signore.
Il Dio degli Ebrei e dei Cristiani.
Grazie a mio padre ho conosciuto la bellezza della scrittura e proprio le parole mi hanno aiutata a sopravvivere a questo orrore, mi hanno aiutata a sopportare gli abusi che hanno fatto di me e mi hanno confortata perché io so che verrà un mondo migliore.
Anche qui, anche in isolamento, riesco a parlare.
La luce del sole riflessa nei nostri specchi sono le nostre parole contro il buio, le nostre dita sono le nostre penne e la polvere è il nostro inchiostro.
Stanno venendo a prendermi , lo sento….
Disegnerò la stella di Davide per l’ultima volta
Dio mio, Dio mio, io prego affinché queste cose non finiscano mai
La sabbia ed il mare,
il rumore del mare,
il fulmine del cielo,
le preghiere dell’Uomo
. 1
Vorrei che queste mie parole potessero varcare i confini di questo luogo del male.
Sono Hanna Senesh e tra poco morirò…


Auschwitz 28 maggio 2006


Si fece un grandissimo silenzio quando la figura vestita di bianco avanzò da sola verso le 22 lapidi, scritte in tutte le lingue del mondo, del campo di concentramento di Auschwitz ad imperituro monito affinché un simile orrore non abbia a ripetersi.
Tutte le autorità convenute, avevano lo sguardo rivolto verso il Papa, il capo della Chiesa cattolica.
Ma questa volta era diverso, perché Papa Benedetto XVI è di origine tedesca.
Sembrò che anche il vento trattenesse il suo respiro, non appena il Papa cominciò a parlare:
Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa.”2
Si dice che qualcuno, al sentire queste parole, abbia udito un canto ebreo in lontananza.


1. Poesia effettivamente scritta da Hanna Senesh
2. L’incipit del discorso è quello che sua Santità Benedetto XVI ha pronunciato durante la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz

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