Se ben ricordiamo solo due sono i governi che sono caduti in seguito ad un voto di sfiducia e tutti e due hanno avuto il medesimo presidente del Consiglio: Romano Prodi.
Nel 1998 fu il quasi anonimo onorevole Silvio Liotta ad impallinarlo alla Camera dei Deputati, questa volta almeno a negare la fiducia sono stati senatori di un certo rango come Fisichella, Dini e Mastella, tra gli altri.
Il risultato, con nostro sommo gaudio, non cambia: il presidente Prodi va a casa.
Non sappiamo se il suo sia stato davvero il peggior governo della storia repubblicana.
Probabilmente è stato percepito come tale, ma, diciamo anche, che Romano Prodi non ha fatto niente per cercare di migliorare la sua immagine.
Eppure doveva capire che la sua seconda avventura di governo non era cominciata sotto i migliori auspici per lui.
Cifra emblematica è stata la nomina record di una compagine ministeriale di oltre 100 persone tra ministri, vice e sottosegretari.
Un governo monstre nato sull'onda di una vittoria elettorale piccina picciò che imprudentemente, ostinatamente ed arrogantemente era stata festeggiata a tarda sera in piazza con lo spoglio del Senato ancora in corso.
Arroganza, ostinazione ed imperizia, sono queste le cause che ieri hanno condotto il presidente Prodi alla sconfitta in aula ed alla sua sostanziale esclusione dai prossimi giochi politici.
Come non ricordare, inoltre, l'arroganza mostrata dall'Unione nella elezione dei presidenti delle due Camere e del presidente della Repubblica.
Come non ricordare l'ostinazione con cui si è abusato della resistenza fisica dei senatori a vita e l'arroganza con cui si faceva finta di non vedere l'anomalia sostanziale di tale situazione
Come non ricordare l'ostinata arroganza con cui si è fatto ricorso alle innumerevoli richieste di fiducia sia alla camera che al senato al grido di "lo faceva anche Berlusconi".
A ben vedere qui sta la ragione sociale della ostinazione di Prodi nell'aver voluto sfidare il Senato una volta di troppo: l'esistenza del grande nemico Berlusconi.
Fin quando ha potuto agitare lo spettro del ritorno di Berlusconi, il professor Prodi ha goduto di credito politico ed autonomia soprattutto dai piccoli partiti de l'unione. Quando la leadership di Berlusconi è stata messa in disuccione, ecco che c'è stata l'implosione della ex maggioranza e del suo presunto leader.
Un leader che arrogantemente ed ostinatamente ha creduto che la cd. "parlamentarizzazione" della crisi fosse una ottima occasione per far rinculare le trame oscure degli oscuri personaggi che congiuravano alle sue spalle e che le luci della ribalta lo vedessero ancora una volta vincitore.
Ma non è andata così, per fortuna.
E non è andata così perchè è stato lo stesso Prodi a scrivere il suo de profundis quando ha elencato le emergenze per cui il suo governo doveva rimanere in carica, senza ricordare, o facendo finta di non ricordare, che l'azione del suo governo ne era la radice più profonda.
Non si può stare in paradiso a scapito dei santi, non si può stare a palazzo Chigi a scapito dei senatori.
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