Ha esordito ieri il nuovo sistema di votazione alla Camera dei Deputati, basato sul riconoscimento delle impronte digitali degli onorevoli.
Una misura che, nelle intenzioni, dovrebbe debellare la poco onorevole prassi dei "pianisti", onorevoli che votano anche per gli assenti, e che dovrebbe far risparmiare tempo e discussioni.
Presentata così non si può non essere d'accordo, ma a ben vedere qualche osservazione ci viene da farla.
Tale sistema costituisce l'inversione dell'onere della prova.
Infatti tutti gli onorevoli si considerano pianisti, o potenziali tali, ed è più facile controllarli piuttosto che responsabilizzarli.
In più, per bocca del presidente Fini, sappiamo anche che saranno resi noti i nomi di coloro che non avranno depositato le proprie imponte.
Oltre al tipico comportamento da stato etico viene usata anche la minaccia della gogna mediatica.
Strano posto il Parlamento italiano, ove si arriva quasi alle mani e si invoca addirittura il terzo reich per una norma che impone l'obbligo di rilevare le impronte digitali agli extra comunitari, e poi per i pochissimi che non lasceranno le impronte si aprono le liste di proscrizione.
Ci sarebbe anche da discutere sui rapporti tra una legge elettorale che non consente l'espressione di preferenza e l'utilità di rendere pubblici i nomi di onorevoli che nessun ha scelto, ma sono stati nominati dai partiti.
Oppure potremmo chiederci perchè fino ad oggi nessuno ha mai pensato a forme di pubblicità per i nomi degli "onorevoli" che facevano i pianisti.
Fortunatamente non siamo soli a svolgere queste osservazioni, anche l'onorevole Giorgio Stracquadanio e Franco Bechis, direttore di Italia oggi, lo fanno, aggiungendo anche altri argomenti.
Noi concludiamo questo post ricordando che di buone intenzioni....
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